Il prof. Luigi Sertorio, ha calcolato che per coprire il 25% del fabbisogno energetico italiano -come previsto dal "decreto sviluppo"-, occorrerebbero ben 24 centrali (Gaia, n. 40)!
Dove?!?
L'Italia, là dove sono presenti le caratteristiche morfologiche per questo genere di impianti (copiosa fonte d'acqua, stabilità geologica, scarsa densità abitativa), non ha molti spazi per un numero così alto di centrali. Non li ha, a dire il vero, neanche per un numero ben inferiore.
Gli svantaggi ingenerati dalla perdita di attrattiva turistica delle zone interessate (sono svariati chilometri di coste) rappresenterebbero dei costi aggiuntivi che, se ce ne fosse ancora bisogno, affossano sotto tutti i punti di vista una visione nuclearizzata dell'Italia futura.
La Francia, patria dell'atomo 'energetico', ha consumi maggiori dei nostri in quantità di petrolio, mai si è affrancata dall'estero, come vorrebbero farci credere i tanti venditori di questo affare; l'uranio a buon prezzo è a fine vita: gli approvigionamenti francesi, è noto, sono legati al circuito militare che tra smantellamenti e 'rinnovi flotte' ne ha messo a disposizione parecchio. Finita anche quella cuccagna, i prezzi saliranno e noi dovremo acquistarlo, ne più e nè meno di come facciamo con il petrolio.
In cosa ci saremmo affrancati dall'estero?
In tecnologia? E' francese.
Nella processazione dell'uranio per uso termoelettrico? E' una tecnologia che sta in pochissime mani, di certo non le nostre, di certo in buona parte militari. Che bel club ci stanno scegliendo questi nostri governanti: il club degli stati armati. E dovremmo invece ripudiare la guerra, così scrissero più di sessant'anni fa.
Se fossimo capaci di dirottare le immense risorse delle spese militari, di gestione dei rifiuti e di produzione energetica in investimenti massicci in ottimizzazione e ammodernamento della rete distibutiva e cogenerazione multimodale di energia (l'esempio della sperimentazione tedesca, il motore generatore, è uno dei "multi" modi) unita ad un serio programma di riduzione e recupero dei materiali, avremmo un futuro di sicuro meno costoso e, quel che conta, più pulito e lungimirante.
Spetta a noi scegliere, ma bisogna sapere.
Dove?!?
L'Italia, là dove sono presenti le caratteristiche morfologiche per questo genere di impianti (copiosa fonte d'acqua, stabilità geologica, scarsa densità abitativa), non ha molti spazi per un numero così alto di centrali. Non li ha, a dire il vero, neanche per un numero ben inferiore.
Gli svantaggi ingenerati dalla perdita di attrattiva turistica delle zone interessate (sono svariati chilometri di coste) rappresenterebbero dei costi aggiuntivi che, se ce ne fosse ancora bisogno, affossano sotto tutti i punti di vista una visione nuclearizzata dell'Italia futura.
La Francia, patria dell'atomo 'energetico', ha consumi maggiori dei nostri in quantità di petrolio, mai si è affrancata dall'estero, come vorrebbero farci credere i tanti venditori di questo affare; l'uranio a buon prezzo è a fine vita: gli approvigionamenti francesi, è noto, sono legati al circuito militare che tra smantellamenti e 'rinnovi flotte' ne ha messo a disposizione parecchio. Finita anche quella cuccagna, i prezzi saliranno e noi dovremo acquistarlo, ne più e nè meno di come facciamo con il petrolio.
In cosa ci saremmo affrancati dall'estero?
In tecnologia? E' francese.
Nella processazione dell'uranio per uso termoelettrico? E' una tecnologia che sta in pochissime mani, di certo non le nostre, di certo in buona parte militari. Che bel club ci stanno scegliendo questi nostri governanti: il club degli stati armati. E dovremmo invece ripudiare la guerra, così scrissero più di sessant'anni fa.
Se fossimo capaci di dirottare le immense risorse delle spese militari, di gestione dei rifiuti e di produzione energetica in investimenti massicci in ottimizzazione e ammodernamento della rete distibutiva e cogenerazione multimodale di energia (l'esempio della sperimentazione tedesca, il motore generatore, è uno dei "multi" modi) unita ad un serio programma di riduzione e recupero dei materiali, avremmo un futuro di sicuro meno costoso e, quel che conta, più pulito e lungimirante.
Spetta a noi scegliere, ma bisogna sapere.
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