martedì 14 febbraio 2012

Diamo voce agli Italiani

E’ una strage. Un massacro. Silente, nascosto, quotidiano. Nella nostra Caporetto le vittime sono milioni di Italiani. Giovani, anziani, donne, uomini, lavoratori, produttori, imprenditori, massacrati e distrutti da un sistema che prende le nostre vite, le stritola, le dissangua, le uccide.
Un potere che si abbatte violentemente contro gli Italiani, costretti ogni giorno a pagare un caro prezzo per sopravvivere ai duri colpi ricevuti. Un nemico apparentemente non ben definito, che assume forme e aspetti diversi, che agisce con arroganza e furbizia, tenendoci divisi, frammentati, spezzettati in mille rivoli diversi, pronti a farci la guerra l’un l’altro. Pronti a massacrarci a vicenda, mentre lui, il potere, con inganni e menzogne, guadagna nuovi spazi e nuova forza.
Un nemico potente, sfacciato, impunito, che sbrana e divora il nostro futuro.
Un sistema costruito con tanti fili che si intrecciano, si annodano, si stringono attorno al nostro collo e ci tolgono il fiato. Il fiato per vivere, per agire e per reagire. E così ci troviamo immersi nella rassegnazione, nella frustrazione, nella rabbia. Ci sentiamo piccoli, impotenti e prigionieri.
Siamo sommersi dal marciume dei partiti, immersi nelle ruberie e nelle razzie di un sistema politico che ha premiato gli approfittatori e lasciato impuniti ladri e mafiosi; siamo costretti ad una vita indecente dai trucchi della grande finanza internazionale e dal sistema di potere bancario.
La lunga crisi economica ha messo a nudo la situazione politica italiana in tutta la sua drammaticità e le sue contraddizioni. I partiti sono assenti, latitanti, hanno ceduto, si sono arresi, sono diventati complici.
Ci hanno costretto, sull’onda di una globalizzazione micidiale, ad essere cifre, numeri da spremere, consumatori che rincorrono desideri effimeri, per soddisfare…il potere. Un potere che mostra la sua faccia, nonostante la maschera della democrazia da esportazione, quando fa piovere bombe intelligenti su bambini e civili colpevoli di abitare in un punto strategico o in una zona ricca di di risorse e materie prime. Un potere che un giorno bacia capi di stato e il giorno seguente prepara le bare per loro. Ma il potere oggi non agisce solamente con le armi in pugno: si muove serpeggiando fra i gruppi bancari, le istituzioni internazionali non elette, ma designate nel segreto delle stanze dei bottoni. Un potere gestito da lobby internazionali che imperano attraverso compagnie petrolifere, banche, multinazionali . Un potere osceno, fuori dalla scena appunto, che lascia sotto le luci dei riflettori i propri burattini.... 
Abbiamo visto intere nazioni appendersi all’albero degli impiccati rincorrendo la follia della globalizzazione produttiva, economica e finanziaria. Abbiamo assistito al fallimento o allo sventramento dei paesi stuprati dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale. In Italia abbiamo subito e stiamo pagando per colpa di chi, anziché darsi da fare per i propri cittadini, ha trovato conveniente immolarsi al dio denaro e vendere l’anima alle banche.
Così mentre la nostra Costituzione dice che il nostro popolo dovrebbe essere sovrano, con il trattato di Maastricht prima e con quello di Lisbona poi, ci hanno resi sudditi, schiavi e servi. Con il governo Monti i si è palesata l’oppressione di un’Europa che non è dei popoli, ma che è una dittatura della grande finanza internazionale, un lager dove comandano la Banca Centrale Europea, e un manipolo di padrini, tutti espressione di gruppi che decidono alle nostre spalle, contro di noi, colpendo a morte noi cittadini, le nostre attività, la nostra esistenza.
Pensiamo al cuore pulsante dell’Italia, alla Piccola e Media Impresa, orgoglio del nostro paese, ingiustamente umiliata, schiacciata, abbandonata, criminalizzata. Pensiamo ai tanti imprenditori al nord e al sud che sono arrivati a togliersi la vita perché incapaci di pagare i propri dipendenti o di reggere allo tsunami della tassazione o ancora perché le banche hanno chiuso loro i rubinetti e i clienti - anche loro alle prese con la crisi – non li pagano. Pensiamo ai commercianti, ai piccoli negozi, alle botteghe che garantivano qualità, spazzati via dalla grande distribuzione, da mega centri commerciali dove gli  “spenditori” si dimenano come in un formicaio, nell’assurda speranza di placare desideri costruiti e modellati ad arte dalla pubblicità e dalla televisione.
Pensiamo ancora all’artigianato, al pregio delle manifatture locali, la cui lavorazione veniva tramandata di generazione in generazione con passione e sapienza.
Avete presente poi la genuinità delle produzioni agricole tipiche delle nostre regioni, la virtuosità di un allevamento all’aria aperta, nei pascoli? Il sapore di frutta e verdura, le proprietà dei nostri cereali, la caratteristiche del nostro latte, il profumo del pane artigianale? Ora pensate a quanti danni sono stati inferti a queste attività da una struttura europea che ha alterato gli equilibri e le caratteristiche produttive dei vari territori. E che dire poi dell’imposizione degli Organismi Geneticamente Modificati? Di quei semi ottenuti dalla manipolazione genetica e da mutazioni innaturali, create in laboratorio con mix assurdi fra virus o geni animali e piante? Di quel cappio che lega gli agricoltori all’acquisto di semi ed erbicidi brevettati dalle multinazionali? Che dire poi delle misure economiche, delle tasse come l’IMU imposta da Monti, che rischia di colpire anche le strutture di servizio per questi settori (come fienili, stalle, pollai, ecc…)? Cosa aggiungere inoltre rispetto agli aguzzini di Equitalia, lanciati come vere e proprie squali contro produttori e cittadini?
E’ dunque naturale che nascano movimenti di protesta: quando la gente non ce la fa più, cerca un modo per elevare la propria voce rispetto al frastuono dei media e agli ingranaggi del governo. Cerca un mezzo per far sentire le proprie ragioni. E’ successo con il movimento dei forconi, con quello degli autotrasportatori, con i pastori, con i pescatori e ancora con gli studenti e con i lavoratori. E’ successo al di là degli sterili esercizi ginnici di sindacati dediti ad una protesta fine a se stessa e conniventi del sistema. Si è diffusa una protesta animata e tenace, che però è stata presto denigrata dai media e strumentalizzata da esponenti o gruppetti politici alla ricerca di visibilità e di un facile consenso elettorale. Ma il rischio per i movimenti di protesta non è comunque questo: quando i moti sono genuini e spontanei, è possibile reggere a simili stratagemmi. Il rischio grosso è quello di focalizzarsi su di un solo aspetto, nel proprio settore, additando un particolare, trascurando il vero nemico, cioè il sistema finanziario internazionale e il potere che detiene. In questo modo, chi governa in nome e per conto di questi poteri forti, può agilmente isolare e separare i vari gruppi di protesta, può agire dando il contentino a qualcuno che considera tatticamente più rilevante, oscurando gli altri e facendo venire meno le loro legittime rivendicazioni. Quanto più efficaci e forti sarebbero le proteste se scorressero tutte all'interno di un unico grande fiume che punta dritto alla causa principale delle diverse specifiche sofferenze?
Invece si fa di tutto per tenere divisi i vari gruppi, lasciando ad esempio i pensionati al loro abbandono e i precari alla loro disperazione.
Bisogna fare sacrifici. Tutti devono fare sacrifici. Sono le parole che riempiono il vuoto delle tasche dei cittadini e sono pronunciate dai più alti rappresentanti istituzionali italiani, mentre conducono convintamente e colpevolmente il paese nel profondo di un debito sempre più grande, con misure assurde come il Meccanismo Europeo di Stabilità, ancora di salvezza per...la BCE e le banche private.
E in questo panorama i partiti si sono inchinati al potere dei banchieri, i politicanti hanno precipitato le istituzioni in un vortice di corruzione, malaffare, criminalità, seguendo i propri interessi, anziché perseguire il bene delle comunità. Riveriti, lanciati e sostenuti da giornalisti codardi e ipocriti, da un'informazione infima e marcia tanto quanto le strutture politiche di cui si è eretta baluardo.
Una politica che ha tratto linfa dalla cementificazione selvaggia del nostro territorio, incurante delle conseguenze. Chissà che ne pensano i Genovesi, o gli abitanti delle Cinque Terre? Una politica che accoglie fra le braccia aguzzini capaci di ridere delle disgrazie altrui e di compiacersi quando un terremoto rade al suolo una città. Politici che si affannano a rincorrere finanziamenti europei, da dilapidare poi nelle voragini di grandi opere inutili dannose, come il TAV o il ponte sullo Stretto di Messina, anziché cercare di aumentare i collegamenti e migliorare i trasporti per i pendolari che ogni giorno viaggiano come bestiame per raggiungere il posto di lavoro o di studio.
A proposito di studio, anche qui i partiti e la politica hanno manifestato il loro volto disgustoso, tagliando e sminuzzando i settori dell'istruzione, della formazione e della ricerca. Un paese che non investe in questi ambiti, è una nazione senza futuro. E infatti, i nostri cervelli sono costretti ad andare all'estero se vogliono esprimere le proprie potenzialità; i nostri studenti sono state le cavie di un perfetto esperimento di abbassamento del livello di conoscenza, con il risultato sempre più evidente di una popolazione povera di capacità critica, vittima di una colta ignoranza.
Anche sotto il profilo occupazionale, la mannaia della crisi sta mietendo una montagna di vittime: neolaureati senza alcuna prospettiva, lavoratori maturi estromessi dal posto di lavoro senza possibilità di reinserimento. E pensare che sfruttando l'immenso, sterminato patrimonio culturale e paesaggistico, distribuito in tutto il nostro Stivale ci sarebbero enormi margini di impiego. Ma vi immaginate, cosa avrebbero fatto gli Stati Uniti, il paese delle ricostruzioni cinematografiche o stile Las Vegas, se avesse potuto disporre dei tesori che impreziosiscono la nostra Italia? E noi, cosa abbiamo invece subito sin'ora?
Crolli, incuria, vendita a privati spesso stranieri. Opere d'arte e reperti lasciati ammuffire negli scantinati dei musei.
Anche per risanare i territori delle nostre comunità ci sarebbero margini enormi di occupazione. Pensate a Taranto, per fare un esempio. Oggi partiti e sindacati tutti dicono ai lavoratori che è meglio non morire di fame oggi e tenere aperta l'ILVA, ma nascondono loro che così si ammaleranno e moriranno a causa del lavoro domani. Già oggi è così. E non muoiono solo i dipendenti, ma anche i familiari e gli abitanti di una città condannata da chi l'ha governata negli anni.
E insieme a loro, e non solo a Taranto, muoiono l'agricoltura, l'allevamento e la pesca in tutte quelle zone ammorbate da inceneritori (anche quelli camuffati da centrali a biomasse o da cementifici), centrali turbogas o a carbone. In un ambiente tanto inquinato, persino i coraggiosi produttori di cibi biologici escono sconfitti, colpiti anch'essi da un nemico così microscopico e fine da essere assorbito dal terreno, dalle piante, dagli animali e dall'uomo. Contro questo si battono ricercatori, studiosi e scienziati che hanno dedicato il loro operato alla verità e alla tutela della salute e dell'ambiente ( a differenza di oncologi-politici asserviti), proprio come fanno ad esempio i medici dell'ISDE, calati nelle loro realtà territoriali, ma in rete fra loro e non solo in Italia, per informare e prevenire, ancora prima che curare.
Che tipo di cure possono poi fornire? Quale supporto efficace, se troppo spesso a prevalere sono il profitto e gli interessi delle multinazionali dei farmaci? Che tipo di intervento potrà mai prevedere un protocollo standard, se l'ammalato non è altro che un numero e se la chemioterapia è un'ottima fonte di reddito per chi la spinge? Un po' come per una serie abnorme di vaccinazioni inutili, ma sostenute con forza da istituzioni e da rappresentanti politici, spesso finanziati dalle industrie produttrici degli stessi vaccini.
Là fuori c’è un’Italia che soffre e che chiede di essere ascoltata, di poter partecipare, di poter decidere. Un’Italia che non vuole cedere, che non si piega e che denuncia con forza le ingiustizie, i soprusi, i torti e il maltolto. Un’Italia occupata politicamente, militarmente ed economicamente che cerca e pretende la propria libertà. Un paese fatto di persone che con dignità cercano la via per essere liberi. Liberi di conoscere, di lavorare, di intraprendere, di vivere con dignità.
E' per questo che Per il Bene Comune ha cambiato marcia a Torino e si presenta oggi a Roma, con un obiettivo ambizioso ma irrinunciabile, da raggiungere insieme a tutti coloro che rappresentano la parte sana del paese.
Siamo pronti a governare l'Italia. Non possiamo più delegare o rinviare. Non possiamo attendere un salvatore, ma dobbiamo invece essere leader di noi stessi, cambiare il nostro mondo per cambiare la realtà che ci circonda. Siamo pronti a governare con le assemblee sovrane delle comunità, con l'estrazione a sorte dei candidati fra i cittadini che, liberi dalle zavorre partitiche, della criminalità o della segretezza, condividano insieme a noi i punti irrinunciabili della sovranità monetaria e nazionale e della democrazia diretta. Siamo pronti a governare facendo sentire il nostro fiato sul collo ai politicanti e ai governanti, facendo sentire la forza e la determinazione di quei cittadini Italiani ed Europei che si stanno muovendo per spezzare le catene delle strutture internazionali che ci vogliono mantenere in schiavitù.
Dentro Per il Bene Comune, che è cambiato il ritmo è chiaro. Che ci siamo dati nuovi obiettivi lo è altrettanto. MA se vogliamo vincere e convincere, non possiamo lasciare nulla al caso. Abbiamo iniziato un percorso di riorganizzazione e di responsabilizzazione al quale non possiamo sottrarci. Non basta più la sola buona volontà. La migliore delle azioni, se lasciata all'improvvisazione, è destinata al fallimento. Come in una squadra di calcio, ognuno ha il suo ruolo, la sua funzione, e deve giocare la partita: aderenti, referenti territoriali, coordinatori.
Vanno individuati obiettivi, azioni e mezzi: ognuno di noi può essere lo strumento di una grande orchestra, capace di suonare una splendida sinfonia.
Ma per farlo, dobbiamo suonare all'unisono, coordinati e organizzati, perchè il bene va fatto bene. Non ci sono altri modi o almeno io sono assolutamente convinta che non ce ne siano altri: servono il nostro impegno e la nostra dedizione all'interno di una struttura ben organizzata, che lascia da parte quell'eccessivo buonismo che tanto ci è costato in passato e quel dannosissimo lassismo che rischia di far diventare inefficace ogni azione.
Sappiamo cosa c'è là fuori. Ci sono le sabbie mobili dalla grande finanza, c'è il pantano di strutture non democratiche che si avventano su interi paesi, pronti a succhiarne la linfa vitale e a farne colonie vassalle. C'è la melma dei partiti che hanno sgovernato sino ad oggi, privi di prospettive, di progettualità e di interesse per l'Italia. 
Ma in questo deserto di autentiche proposte c'e' una forza, un Movimento che nato libero dalle ceneri di un sistema ormai in fumo rappresenta le voci e le speranze di centinaia di migliaia di cittadini liberi e consapevoli. 
Un Movimento di cittadini con progetto e uomini per governare l'Italia, tirarla su dal fango, pulirla, asciugarne le lacrime e ridarle la dignità e lo splendore che merita.
Da oggi c'è un movimento pronto a governare il paese. 
Per il Bene Comune

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