A gennaio il tasso di disoccupazione giovanile, ovvero l'incidenza dei 15-24enni disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca di lavoro, e' al 31,1%, in rialzo di 0,1 punti percentuali rispetto a dicembre 2011 e di 2,6 punti su base annua. Lo rileva l'Istat in base a stime provvisorie.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) ormai si colloca sopra quota 30% da 5 mesi, ovvero da settembre. E' quanto emerge dai dati provvisori dell'Istat relativi a gennaio 2012, mese che registra un tasso di disoccupazione giovanile al 31,1%, appena sotto il record raggiunto a novembre 2011 (31,2%), clicca qui per approfondire.
Complimenti al governo Monti ed ai suoi illustri predecessori che hanno pianificato scientificamente questa tragedia, si, tragedia, hai letto bene, perchè quando si ruba il futuro ai nostri figli si fa molto peggio che ammazzarli. Li si costringe ad adattarsi a tutto pur di portare a casa qualche euro, mentre alle banche europee sono stati concessi negli ultimi 2 mesi oltre 1.000 miliardi di euro, ripeto 1.000 miliardi di euro, al tasso dell'1% (clicca qui se non ci credi)!!!!!!!!
Con quei soldi quante azinede produttive si potevano finanziare? Quanti lavoratori potevano essere impiegati utilmente per recuperare l'ambiente in cui viviamo? Invece sono stati pompati nelle casse delle banche FALLITE, per tenerle in piedi, e questo è il vero motivo per cui NON erogano mutui, chiedono il rietro dei finanziamenti, in pratica stanno dissanguando l'intera economia! ..
Vengono definiti Neet (Not in employment neither in education nor training). Sono giovani di età compresa fra i 15 e i 24 anni, in età lavorativa, inoccupati, non frequentano scuola o università. Nell’ultimo rapporto ISTAT si legge che la disoccupazione giovanile in Italia ha toccato a novembre il picco più alto dell’ultimo decennio, con un’incidenza superiore alla media europea. Si rileva un tasso di disoccupazione tra i giovani del 28,9% con un aumento di 0,9 punti percentuali rispetto a ottobre e del 2,4% nel confronto con l’anno precedente.
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La linea Meloni-Sacconi - ridurre la disoccupazione giovanile rendendo meno istruiti i giovani –poggia su una diagnosi sbagliata, per almeno tre considerazioni.
1) Come attestato nell’ultimo rapporto Almalaurea, la condizione occupazionale e retributiva dei laureati resta migliore di quella dei giovani in possesso di titolo di studio inferiore[3]. In particolare, si registra che, nell’arco dell’intera vita, i laureati presentano un tasso di occupazione di oltre 10 punti percentuali maggiore dei diplomati[4]. Dunque, in linea generale, si può affermare che – a maggior ragione in periodi di crisi – gli individui con più alta scolarizzazione sono meno esposti al rischio di licenziamento rispetto ai lavoratori con più bassa istruzione.
2) L’assunto che i NEET siano individui altamente scolarizzati è smentito dall’evidenza empirica disponibile. In particolare, l’ultimo rapporto ISTAT convalida, per contro, l’ipotesi opposta. In Italia, solo 60 individui su mille, nell’età compresa fra i 20 e i 29 anni, sono in possesso di laurea, a fronte dei 77 in e degli oltre 80 nel Regno Unito e in Danimarca[5]. Stando a questa evidenza, i NEET sono tali non perché ‘eccessivamente’ istruiti, ma perché la domanda di lavoro è bassa, indipendentemente dal fatto che si tratti di domanda di lavoro qualificato o meno.
3) La linea Meloni-Sacconi si basa sulla convinzione che la scolarizzazione abbia l’unica funzione di agevolare l’accesso al mercato del lavoro[6], e che occorra calibrarla sulla base della domanda di lavoro espressa dalle imprese. Merita di essere ricordato che la scolarizzazione diffusa produce effetti sociali ed economici benefici in un orizzonte di medio-lungo termine, anche indipendentemente dal fatto che, nel breve periodo, possano esserci eccessi di istruzione. Fra questi: ad elevati livelli di scolarizzazione è, di norma, associata un’elevata mobilità sociale, un’elevata produttività del lavoro, un’elevata dotazione di ‘capitale sociale’[7] (dunque, maggiore propensione al rispetto delle norme, minore incidenza della criminalità, minore offerta di lavoro nell’economia sommersa[8].
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